Anche la Stock, mitico marchio italiano per la produzione di
liquori, ci lascia.
La delocalizzazione è un fenomeno che sembra non interessare
a nessuno e pure è il vero motivo di una crisi che ci sta portando, o lo ha già
fatto alla disperazione. Io sostengo che al di là del crollo delle borse, degli
spread e tanto altro, il vero motivo della crisi sia la perdita di lavoro. La
scelta di molte aziende italiane come straniere, di spostare la produzione in paesi che gli
permettono di abbattere i costi legati ad essa, è la causa principale della
situazione critica che il nostro paese Italia e non solo si trova ad
affrontare. Manodopera, certificazioni, costi di luce, telefono, carburanti,
tasse, burocrazia e tanto altro sono un ottimo motivo per giustificare la fuga,
anche se poi molti marchi famosi, hanno spostato la produzione, riducendo drasticamente
i costi, ma non hanno assolutamente
abbassato i prezzi di vendita nel mercato Italiano. Se poi andiamo più affondo
in molti paesi asiatici ad esempio, il costo della manodopera va da € 50 a 100 mensili
e la forza lavoro in buona parte è formata da bambini che vengono sfruttati o
meglio schiavizzati, lavorando dalle 12 alle 14 ore al giorno in condizioni di
assoluta insicurezza.
Il risultato di tutto questo è l’impoverimento di un paese
come il nostro che poteva contare su una realtà produttiva, formata da piccole
e medie imprese capaci di dare risposte più che positive al mercato del lavoro,
un circolo vizioso che ebbe inizio anni fa e che è stato sempre sottovalutato
inconsciamente e consciamente da una classe politica irresponsabile che non è stata all’altezza
del proprio compito, dire che il fenomeno è internazionale non è una valida
giustificazione, ovviamente anche i potenti del mondo hanno più di altri la
loro responsabilità, ma è assolutamente palese che un paese senza produzione è
destinato a morire e non servono specifiche competenze per capirlo.
Ancora pochi mesi fa il parlamento europeo dice si
all’interscambio tra Unione Europea e Marocco che danneggia fortemente l’agricoltura,
già in ginocchio, dell’Italia della Spagna e del Portogallo, vince l’interesse
delle potenze come Germania e Francia a discapito di altri, l’interscambio deve
favorire le parti senza danneggiare nessuno, ricordo il famoso accordo
Italia-Marocco, firmato dall’allora Ministro degli esteri Susanna Agnelli, che
danneggiò l’agrumicoltura Siciliana per far vendere la Fiat, alla faccia del
conflitto d’interesse.
Dobbiamo assolutamente salvare la nostra produzione a tutti
i livelli, soprattutto quella agricola e manifatturiera, regolare
l’importazione in maniera chiara e creare le condizioni con incentivi mirati
per convincere gli imprenditori a rimanere in Italia o addirittura a tornare in
Italia. L’interscambio non può favorire solo un paese e sfavorire l’altro,
questo è quello che oggi sta accadendo.
Noi cittadini, noi consumatori possiamo dare il nostro
contributo, evitando il più possibile l’acquisto di prodotti non Italiani,
soprattutto quando come nel caso degli agrumi o dei prodotti alimentari, il
nostro paese è il produttore mondiale per eccellenza.
Giuseppe Cataldo